I BENEFICI DI UN PERCORSO DI TERAPIA RACCONTATI DA UNA PAZIENTE

Irene Tria • gen 24, 2020
Spesso mi viene chiesto di spiegare quali siano i benefici di un percorso di psicoterapia
Benché mi siano chiari, la difficoltà che incontro è che utilizzo concetti piuttosto tecnici e poco rappresentativi di un’esperienza.
Così, ritrovandomi a cercare un modo per descriverli, mi sono resa conto che, via via, ho iniziato ad ispirarmi alla mia esperienza di paziente, perché mi erano più chiari e palpabili i benefici dei miei diversi percorsi.

Un momento … solo per te!

Beh, si!…un primo elemento è che non esiste UN percorso di psicoterapia, ma possono essercene diversi, in momenti diversi di vita, e con diversi professionisti.
In momenti diversi perché un percorso non esaurisce una volta per tutti i nostri bisogni…per fortuna! Siamo mutevoli, come lo sono le esperienze della vita e possiamo necessitare più di una volta di un supporto di un professionista per affrontare situazioni per cui disponiamo di poche o fragili risorse.
Ben inteso…le situazioni le affrontiamo sempre e come spesso diciamo le “gestiamo”, ma talvolta facciamo davvero un’enorme fatica e proviamo molta sofferenza
Ecco allora che fermarsi almeno un’ora alla settimana con un professionista a disposizione per te - e te soltanto! - può aiutare a fare il punto della situazione, ad orientarsi nel caos e a trovare un po’ di ristoro rigenerante.

Sia ben chiaro: le difficoltà ci sono sempre, questo è parte della vita, e la psicoterapia non ci “salva” da esse, ci aiuta però ad affrontarle con maggiori risorse e in minor tempo.
Perché se siamo in grado di conoscere le nostre risorse, cosa ci occorre e abbiamo chiaro cosa stiamo attraversando, siamo in grado di diventare “efficaci” in minor tempo.

È un po’ come andare in una nuova città: possiamo decidere di girovagare e scoprire di volta in volta cosa ci attende, oppure pianificare un po’ il viaggio e ottimizzare i tempi.
Sono entrambe bellissime opportunità, possiamo decidere cosa è meglio per noi in un dato momento. 
Ah! certamente la psicoterapia non è una visita guidata: nessuno ci dice dove andare, cosa fare, come farlo…lo scegliamo noi!

E tu.. in che direzione vuoi andare nella tua vita?

Viaggia dentro di te!

È un percorso: come ogni viaggio non c’è una durata predefinita, andare in terapia può richiedere un tempo di anni, mesi, ciò dipende da cosa stiamo cercando e quanto tempo ci occorrerà per raggiungerlo.
Al termine saremo uguali e diversi rispetto a quando abbiamo iniziato, esattamente come accade per ogni altra esperienza di vita, ci trasformiamo continuamente, solo ci sarà più chiaro in che modo.
Non necessariamente bisogna rivolgersi sempre allo stesso professionista: nella mia esperienza mi sono rivolta a persone diverse a seconda del mio periodo di vita, ad esempio semplicemente nella scelta di appoggiarmi ad un uomo o ad una donna.

Per quanto mi riguarda sono andata in terapia molto prima di iniziare a studiare per diventare psicologa. Ho sempre pensato che fosse davvero piacevole ritagliarsi dello spazio per sè e trovare una persona che ascoltasse, capisse e tifasse per me.
Una persona completamente dedicata a me, alle mie paure, alle mie difficoltà e che avesse come unico obiettivo, quello di sostenermi e di facilitare i miei processi di crescita, senza altri vantaggi secondari.

Un po’ come andare in palestra

Con i miei pazienti uso anche un’altra metafora per spiegare il lavoro in psicoterapia: esattamente come un atleta si allena per migliorare le proprie abilità, per affinarle e per prepararsi ad una gara, così la terapia è lo spazio in cui sperimentare, prendersi il tempo di osservare le cose con maggiore attenzione e tempo, per allenarsi - attraverso la relazione con il terapeuta - alle altre relazioni là fuori, in un tempo e spazio che paiono lontani e distanti dal tempo della seduta. L’obiettivo infatti è riuscire a portare “fuori” ciò che si apprende di sé, delle proprie difficoltà, del proprio modo di relazionarsi con gli altri e di poterlo usare, sperimentare.

Corri il rischio con qualcuno al tuo fianco

Spesso diciamo che lo spazio della terapia è il luogo in cui il paziente corre il più alto livello di rischio nel contesto maggiormente protetto.
Sì perchè il lavoro è proprio andare a toccare con mano le paure, incontrarle nelle vibrazioni del corpo, nell’assenza del respiro e scoprire quali sono i rischi collegati ad essa e vedere in che modo si ripropongono nella relazione con il terapeuta, in quel momento, in quel luogo, accompagnati.
Perchè la differenza rispetto ad altre situazioni di vita è che il terapeuta è lì per noi, fa il tifo, ha tutta l’intenzione di sostenerci e rimanerci accanto.
Se ci avventuriamo nel buio delle nostre paure, meglio andarci in compagnia!

Un regalo….

Voglio concludere questo articolo con la foto di un regalo di un mio paziente, di qualche anno fa.
Mi ha regalato nel nostro ultimo incontro un barattolo di matite e mi ha detto: "quando sono venuto da te vedevo il mondo in bianco e nero, mi hai insegnato a vederne i colori e le sfumature, grazie”

Grazie a te.

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Autore: Irene Tria 06 mag, 2024
Lo Shinrin yoku (bagno nella foresta) è una pratica avviata nel 1982 in Giappone a scopo terapeutico, basata cioè sull’intuizione che il contatto con la natura fosse foriero di benessere per le persone. Di questa pratica si è deciso di raccogliere elementi di carattere scientifico che avvallassero non solo l’ipotesi ma anche l'esperienza diffusa di un miglioramento della qualità della propria esistenza quando in contatto con la natura. Qing Li, nello specifico, ha condotto ricerche per riconoscere gli elementi caratterizzanti un maggior benessere quando immersi nella natura, in particolare nei boschi e ha scritto un testo in cui presenta i risultati di queste ricerche e delinea i benefici che conseguono alla pratica dello shinrin yoku, che non assume le caratteristiche di una semplice passeggiata nel bosco, bensì è un "immergersi nell'atmosfera della foresta farne esperienza con tutti e cinque i sensi. Consiste nell'entrare in contatto con la natura, nel connettersi ad essa attraverso le sensazioni fisiche" Li, Qing. Shinrin-yoku. Immergersi nei boschi: Il metodo giapponese per coltivare la felicità e vivere più a lungo Sembra che per coloro che abitano le città i livelli restino sempre piuttosto alti, poichè la vita è soggetta a numerosi stimoli che portano a mantenere l'organismo in stato cronico di allerta. Sappiamo anche dalla teorizzazioni di Perls e Goodman (i fondatori della terapia della gestalt) che uno stato di tensione cronico conduce sia a forme di desensibilizzazione , sia ad una compromissione nella capacità di autoregolazione ovvero all’incapacità di modulare la propria energia per sostenere azioni orientate al soddisfacimento dei nostri bisogni. Tendiamo quindi a vivere quindi in uno stato di allarme cronico, come se l’organismo fosse sempre pronto a reagire ad un pericolo imminente. In questo senso diventiamo nevrotici, sviluppiamo cioè una risposta rigida alla situazione, sperimentando un costante livello di allarme, in cui l’organismo si prepara o è allertato da un potenziale pericolo, benché non vi sia, dal momento che, una volta rimossi gli impedimenti o ciò che genera il pericolo, dovremmo tornare ad uno stato di quiete, mentre questo non è ciò che accade nella maggior parte dei casi. Le manifestazioni ansiose infatti, sono una tipica espressione di questo processo e ne parleremo in dettaglio in un articolo ad esso dedicato.
deserto, cammino, persone, dune, sabbia, persone sopra le dune, cima delle dune
Autore: Irene Tria 06 mag, 2024
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